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L’evoluzione della celebrazione funebre cristiana

L’Italia è un paese fortemente legato alle sue tradizioni. Specialmente quando si parla di fede, con la cerimonia cristiana che diventa il centro fisico del credo. Una tradizione che però sta vivendo un’epoca di cambiamenti, più o meno importanti, ma che stanno ridisegnando la tradizionale celebrazione della Messa, anche nella sua versione funebre. Ne abbiamo parlato con don Fabio Finotello, vicario foraneo del Vescovo per la Vicaria di Adria e parroco in solido della Città, referente in particolare per le parrocchie di San Vigilio e Valliera. Un ruolo, il suo, che lo mette giornalmente in contatto con i suoi fedeli, vivendo la quotidianità della sua missione pastorale e raccogliendo testimonianze e abitudini di una fede che cambia, al passo con i tempi. Allo stesso modo è testimone del processo che sta portando ad un’attualizzazione del rito liturgico. Ma, come ci tiene subito don Fabio a sottolineare, «la mia non vuole porsi come la voce istituzionale della Chiesa, piuttosto semplicemente come quella di uno dei suoi pastori, che in questa sede testimonia l’evoluzione che la stessa Chiesa sta guidando.»

Un’evoluzione che però non deve essere interpretata come figlia dei “tempi moderni”, anzi «il rito cristiano vive una fase di attualizzazione continua e periodica – continua don Fabio -. I fedeli oggi stanno cogliendo alcune differenze, alcune sono più vistose, come ad esempio il testo del Padre Nostro, entrato in vigore nella versione italiana della Sacra Scrittura predisposta dalla CEI già nel 2008, ma oggi finalmente importato anche nei testi liturgici; altre evoluzioni sono magari meno appariscenti. Si tratta comunque di un percorso che muove da diverse parti, che ha coinvolto la complessità del Messale e del Rituale Romano. È stato riproposto anche il Rito delle Esequie, offerto a nuova versione italiana già nel lontano 2010, obbligatorio dal 2012.» Un momento quello funebre che nella tradizione italiana è indissolubilmente legato al rito cristiano. «In Italia – conferma don Fabio – è normale chiedere la Messa per il defunto e celebrare quindi sempre l’Eucaristia secondo il rito cattolico. È una tradizione secolare, anzi bimillenaria. In altri paesi e culture si è andata affermando ad esempio la tradizione del banchetto funebre, come momento comunitario. Noi abbiamo invece il pasto eucaristico, che facciamo celebrando. È San Paolo stesso nella prima lettera ai cristiani di Corinto a dire di non mescolare le due cose: “E se qualcuno ha fame, mangi a casa sua” (1Cor 11,34). Come ogni rito, naturalmente ci sono dei margini in cui il celebrante si muove, ma la parte strettamente eucaristica deve garantire a tutti l’accesso all’esperienza storica. In questo senso chi sceglie il rito cattolico ha un “vincolo” legato alla tradizione millenaria e planetaria insieme. Il compito delle tradizioni rituali è quello di portare il fedele all’interno dell’esperienza del sacro, che ci supera e ci raggiunge da oltre il tempo e la storia attraverso i secoli e i millenni

Parliamo di “evoluzione del rito”, ma va sottolineato come, in realtà, si tratti di un ripristino dell’originale significato della celebrazione. «Si tratta di un ritorno a una sorgività della chiesa antica – prosegue don Fabio -. Noi abbiamo come riferimento la chiesa degli anni ‘60 e ‘70, mentre nello sguardo plurisecolare della Chiesa bisogna scavare più a fondo. Quelle che ci possono sembrare innovazioni rituali in realtà vanno a ripulire, purificare e semplificare la celebrazione del mistero pasquale della morte e risurrezione di Gesù Cristo.» Un esempio lampante di questo processo è dato proprio dalla celebrazione funebre. «Abbiamo spesso trasformato le Esequie cristiane in rito dal sapore funesto – continua don Fabio -, ma la caratteristica delle Esequie dovrebbe essere una celebrazione della vita che viene da oltre. Dovrebbe essere un momento in cui si saluta certamente il defunto, che si riconcilia con il Signore nella sua casa, con il canto e la speranza. Il rito cattolico non può e non deve diventare un lamento pagano, ma deve essere un messaggio di speranza: il rito nuovo vuole tornare a dare splendore a questo messaggio.»

«Il nuovo rito, consapevole che fa compiere un’esperienza non semplicemente naturale, richiede però di aiutare l’interpretazione dei vari passaggi rituali.» Ma non è l’unico passaggio necessario per abbracciare i tempi e, soprattutto, il modo di vivere la fede che cambia. «Il mondo che attraversiamo, è innegabile, vede una partecipazione variegata e fortemente diversificata all’Eucaristia. Anche il rito delle Esequie vede diverse risposte rituali a seconda della situazione spirituale e familiare. Ci sono situazioni in cui sarebbe almeno immaginabile utilizzare solo una Liturgia della Parola e non l’Eucaristia. Una Benedizione semplice invece potrebbe avere il suo valore in situazioni nelle quali, ad esempio, trovassimo una famiglia con grande presenza di non battezzati.» Una situazione particolare, che però richiede un grande lavoro di ascolto e incontro con la famiglia. «La pastoralità è fondamentale per valutare le necessità della celebrazione – continua don Fabio -. L’incontro con la famiglia c’è sempre, perché è fondamentale, è lì che il sacerdote può capire gli strumenti migliori per la celebrazione rituale. Questo aspetto è ancora oggi assolutamente necessario. Nel nostro territorio operiamo con una certa modernità: il Vescovo di Adria-Rovigo, Monsignor Pierantonio Pavanello, chiede che noi parroci lavoriamo sul dialogo, sulla nostra professionalità e usiamo gli strumenti più adeguati. Per esempio la preghiera di affidamento della salma alla famiglia subito dopo l’uscita dalla Celebrazione è ben vista e accettata, davanti a tutta la comunità: dà un senso di abbraccio alla famiglia. Ci sono altre situazioni in cui la famiglia esprime il senso della preghiera di comunità, ad esempio con il rosario in parrocchia, oppure viceversa la preghiera con il sacerdote nell’intimità con la famiglia.»

In questo contesto di evoluzione del rito, come si inserisce la Casa Funeraria? «La Casa funeraria è sicuramente un contesto di dignità e professionalità – spiega don Fabio -, un contesto ideale per l’accompagnamento e la vicinanza al defunto e alla sua famiglia. Va chiarito fin da subito però che non si tratta di una struttura idonea per poter celebrare una Messa. Non è una chiesa, quindi non serve per le celebrazioni cristiane. Per l’Eucaristia occorre la professionalità e l’esperienza del sacerdote e della comunità tutta, ma soprattutto lo spazio ideale, cioè quello di una chiesa costruita apposta per l’Eucaristia. Per gli altri momenti invece può essere valutato a seconda delle necessità, ad esempio un momento di preghiera informale o di benedizione o un incontro silenzioso davanti alla salma del defunto. La presenza di una Casa Funeraria, al di fuori della celebrazione cattolica, offre invece un’autonomia religiosa ai vari utenti della casa stessa di religioni diverse, un prezioso ascolto dei differenti interlocutori religiosi.»

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